Chef Tomei: artigiano della cucina.

Mangiare al ristorante di Cristiano Tomei è un’esperienza, una di quelle che vanno fatte almeno una volta nella vita, che ti resta impressa nella mente e tatuata sul cuore. Una porta verde chiusa dall’interno, una piccola insegna e un campanello: devi sapere dove andare, altrimenti ci passi davanti senza accorgertene. Da fuori non si scorge nulla, e non ci sono camerieri che richiamano la tua attenzione. Questo è L’Imbuto, assolutamente non convenzionale, come il suo proprietario.

Tomei non ha bisogno di presentazioni: lui stesso dice di essere un cuoco prima che uno chef, e prima ancora un uomo che vive il proprio territorio. Dopo il diploma all’Istituto Nautico di Viareggio, capisce che questa non è la sua strada, e da autodidatta si lancia sulla cucina, perfezionandosi all’estero. Nel 2002 apre L’Imbuto, che ha sede nella limonaia di Palazzo Pfanner a Lucca, e qualche anno dopo inizia il percorso televisivo, che lo vedrà tra gli altri alla Prova del Cuoco su Rai1, a Masterchef Magazine su Sky, a I Re della Griglia su DMAX e a Cuochi d’Italia su TV8. Nel 2014 ottiene la Stella Michelin e dallo scorso anno è Executive Chef all’Hotel Bauer di Venezia, sul Canal Grande. “Dieci anni fa mi davano per finito, ma io non volevo”: è cominciata così la rinascita di Cristiano, che si è rimesso in gioco e ha riscattato sé stesso contro tutti i pronostici, lasciatemelo dire, per fortuna. Sì, perché sarebbe stato un vero peccato perdere un personaggio così geniale e folle al punto giusto, di quelli che piacciono a me.

All’Imbuto non c’è un menu: si sceglie il numero delle portate e si comunicano eventuali allergie o cibi che non piacciono. Da questo momento il cliente è nelle mani dello chef, che mi racconta: “Anch’io una volta avevo il menu, ma come posso essere obbligato ad avere sempre determinati piatti se non ho gli ingredienti freschi?”. Come dargli torto, questo è indice di correttezza verso gli ospiti e di qualità delle materie prime. Mi consegnano la Tomeichelin, una mappa dell’isola dello chef, dove tutto prende il nome di cibi, ingredienti e utensili da cucina, anche con giochi di parole: una sorta di biglietto da visita, degna introduzione di ciò che mi aspetta. Lo staff, competente e cordiale, presenta le portate con maestria: la maitre è la moglie Laura, e tra gli altri è da segnalare la presenza di Marta Passaseo, miglior Sommelier d’Italia per la guida di Identità Golose 2021.

Iniziamo con un tramezzino di tonno con la sua maionese, racchiuso tra due fette di pomodori verdi fritti, condito con salsa agli aghi di pino. “Non avete idea di quanto lavoro ci sia dietro: ogni parte del tonno viene usata per la preparazione di questo e di altri piatti”. Ciò significa che in cucina non si butta niente anzi, viene tutto usato con molta intelligenza. Segue il “Rombo in Pineta”, servito con porcini e salsa all’estratto di abete: il trancio viene impanato in farina di corteccia di pino marittimo, ed il contrasto tra l’interno bianco e l’esterno scuro, assieme al gusto, è spettacolare. Arriva la triglia cotta nel suo grasso sormontata dalla sua insalata e poi l’ossobuco ripieno di polpa di ricci di mare, sbalorditivo.

Passiamo ai primi piatti con la “Pasta in bianco al contrario”: ravioli ripieni di olio e Parmigiano, accompagnati da seppioline saltate in padella e polvere di cavolo nero, che lo chef raccomanda di mangiare “al cucchiaio” perché devono esplodere in bocca. So bene che per i toscani l’olio è una religione, va usato abbondantemente, e qui non c’è dubbio: una sensazione unica che attiva tutti i miei neuroni. Segue la minestra di riso cotto nelle croste di Parmigiano e sfumato con lo champagne, accompagnato da salsa di fichi, altro esempio di uso intelligente degli ingredienti. Ma è la “Bistecca Primitiva” il piatto che mi ha fatto impazzire: carne di manzo cruda con bucce di patata fritte, adagiata su una corteccia di pino marittimo calda che scalda la carne e gli conferisce gusto e aroma. Lo chef raccomanda di mangiarla con le mani proprio per avvicinarsi di più al piatto ed assaporare fino in fondo i profumi che emana. Arrivano poi il coniglio con le fragole, servito nel tegame di una volta, e il cinghiale con le ciliegie. Ma è il momento di un’altra diavoleria dello chef: un cartone della pizza “con gli avanzi”, specifica il cameriere, quello che io ho identificato come un sorbetto, in preparazione del dolce. Lo stupore è grande nel vedere in un angolino due piccoli pezzi di pasta con un paio di foglie di basilico e qualche goccia di crema, ma è ancora più grande la scoperta di un gusto dolce e salato insieme, che ricorda la pizza e che è talmente buono da non riuscire a descriverlo.

E’ il momento dei dolci, e qui traspare tutta l’ironia da bravo toscano quale è Tomei: geniale il cubetto di formaggio servito sulla trappola per topi, che in realtà è una crema catalana. “Ho due fobie: il dentista e i topi, quelli grossi. Il topo è la cosa peggiore che si possa trovare in cucina, ma in fondo i topolini di campagna sono simpatici. Questo è il mio omaggio al più bel film di animazione sulla cucina: Ratatouille”. Segue il budino al cioccolato e peperone con roccia di cioccolato, e per finire uno strepitoso gelato alla ricotta e cognac, il tutto accompagnato da una birra belga alla ciliegia.

Cosa puoi dire a chef Tomei, un concentrato di idee strabilianti, genialità, sana follia, ironia, intelligenza e competenza. Alcune persone nascono con un dono che si chiama talento, che va assecondato, alimentato, curato nonostante tutto, in barba alle critiche e alle difficoltà, e lui ne è l’esempio. Torno a casa soddisfatta del pranzo e della chiacchierata, conscia di aver nutrito non solo la pancia ma anche il cervello. Indimenticabile.

Puoi seguire chef Tomei su https://www.limbuto.it/ e https://www.facebook.com/LimbutoRistorante

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