Una meridiana per esternare la nostra passione per l’arte.

Quella che vedete è la meridiana che io e mio marito Marco abbiamo fatto dipingere sulla parete di casa nostra e che abbiamo inaugurato lo scorso 5 giugno. Un’opera imponente, non solo per le sue dimensioni (12 metri di lunghezza per quasi 2 metri di altezza), ricca di simbologia e di significati. E’ una gioia per gli occhi, un regalo che abbiamo fatto al paese e a tutte le persone che passano da qui, che vi posano lo sguardo anche solo per un secondo.

Ritengo che non ci si debba fermare all’apparenza, perché osservare il dipinto non basta, ma credo che sia giusto motivare la scelta delle varie immagini. L’opera va spiegata per essere meglio compresa, per avvicinarsi al nostro pensiero, per entrare nel nostro mondo.

Dentro c’è un pezzo di vita e di storia: nulla è lasciato al caso, tutto ha un senso ben preciso. E’ con orgoglio che raccontiamo quello che un bravissimo artista locale è riuscito a rappresentare, di come ha concretizzato i nostri pensieri trasformandoli in pennellate di colore, di come ci ha messo il cuore, anche lui con noi.

Partendo dalla parte centrale, in basso troviamo due grandi fasci di spighe e papaveri, simboli del nostro territorio e della Dea Demetra, protettrice dei campi e dei raccolti. Nella mitologia si narra che lei sia riuscita a ritrovare la serenità dopo la scomparsa della figlia sorseggiando infusi prodotti con i fiori di papavero. Per questo motivo viene indicato come il fiore della consolazione, oltre al suo significato di semplicità. Il grano invece rappresenta la rinascita: sappiamo bene che il chicco deve essere interrato per dare frutto, deve morire per poi rinascere e rappresenta quindi il passaggio dell’anima dall’ombra alla luce. E’ simbolo di fecondità, di prosperità e di abbondanza. Noi l’abbiamo inteso come segno di ripartenza dopo il terribile periodo della pandemia, con la speranza di ricominciare più forti di prima.

Ancora più al centro troviamo un borgo: questo termine significa “città fortificata” e richiama quindi il concetto di protezione, che sicuramente troviamo tra la mura di casa. Più importante però è associarlo al concetto di borghesia, la classe sociale che ha decretato la decadenza della nobiltà. I borghesi si erano “fatti da soli”, perché erano riusciti a guadagnarsi da vivere senza dipendere da nessuno: parliamo di artigiani, commercianti, mercanti e professionisti, che potevano permettersi un certo tenore di vita grazie alle loro abilità. Erano personaggi culturalmente innovativi, quasi rivoluzionari, con gusti diversi dagli altri ceti sociali. Diciamo che in questo noi ci ritroviamo molto.

Sempre nel blocco centrale, sono rappresentati rami di olivo e di limoni, il nostro biglietto da visita. Il ramoscello d’olivo portato dalla colomba dopo la fine del diluvio universale è simbolo di rigenerazione e di pace, della riconciliazione di Dio con l’uomo. Inoltre è segno di eternità perché è una pianta forte, capace di resistere alle peggiori condizioni metereologiche, che sa superare le difficoltà e quindi simbolo di vita. L’immagine della pianta di limone invece viene associata a quella della Vergine Maria per il suo dolce profumo, emblema di salvezza per le sue proprietà curative e simbolo di fedeltà amorosa, per la sua capacità di produrre frutti tutto l’anno. In alto poi si trovano due putti all’interno di un tino, uno con le spighe in mano e l’altro con i grappoli d’uva, chiara allegoria religiosa.

Ci sono poi tre figure ben integrate nell’opera, tre animali con una storia particolare. Il gallo che rappresenta la gioia, la luce, che con il suo canto dichiara la propria presenza e allontana gli spiriti maligni. Il pettirosso, uccellino grazioso, colorato, dal canto armonioso, messaggero dell’inverno è simbolo di speranza, di ottimismo e della vita che resiste alle difficoltà grazie al suo carattere combattivo e temerario. La lucertola, posta sull’angolo della finestra all’estrema destra, considerata da sempre un animale prodigioso perché in grado di rigenerare la coda, ci insegna che nella vita bisogna adattarsi per fronteggiare le difficoltà. La troviamo anche sul pilastro che sorregge la meridiana di Ponte Vecchio a Firenze, collegamento tra una riva e l’altra dell’Arno: la leggenda narra che sia un portafortuna e chi la vede farà un buon viaggio.

Passando poi alla parte esterna, sulla destra, ad est dove sorge il sole troviamo la Giovane: forte della sua età e di conseguenza piena di energia, quella che serve per cominciare bene la giornata, col viso rivolto dalla parte opposta e quindi sprezzante, altezzosa, consapevole della sua natura, rappresentata con il seno scoperto come simbolo di maternità. Dalla parte ovest, in contrapposizione troviamo il Vecchio saggio: la sua vita sta giungendo al termine come il sole che tramonta, e il libro che tiene in mano prova il fatto che ha imparato molto durante il suo percorso. Vi è riportato un versetto dell’Inferno di Dante, omaggio ai 700 anni dalla sua morte, per enfatizzare il poco tempo rimasto a sua disposizione.

Tornando dalla parte destra, troviamo l’Angelo della luce e all’opposto il Diavolo ad impersonare le tenebre, attorniato dal serpente che ricorda il peccato originale, le tentazioni, che si trova però vicino all’edera, che i Celti consideravano una pianta sacra legata proprio al culto del serpente. Secondo questo popolo simboleggiava l’immortalità, forse perché è un rampicante sempreverde e resistente, ed oggi viene spesso usata nei bouquet delle spose come simbolo dell’amore fedele. La mitologia ci riporta al Dio Dioniso (o Bacco), i cui emblemi sono la vite e l’edera in quanto non era solo il Dio del vino e dei baccanali, ma era anche conosciuto come Dio dell’innocenza: la leggenda vuole che poco dopo la sua nascita, la madre venne colpita da un fulmine scagliato contro di lei da Zeus, e Dioniso riuscì incredibilmente a salvarsi grazie ad una pianta di edera comparsa dal nulla che lo avvolse per proteggerlo dalle fiamme. Il fatto che sia stata posizionata proprio vicino al diavolo e al serpente, significa che il bene vince sempre contro il male.

Per quanto riguarda la parte tecnica, non voglio dilungarmi troppo. Sappiamo tutti che la meridiana è un orologio solare e lo gnomone, la sua lancetta, con la sua ombra indica l’Hora Solis. Di conseguenza, quando ci troviamo nell’ora legale, va aggiunta un’ora più i minuti di sfasamento in base al mese in cui ci troviamo, indicati nella legenda sulla destra. Oltre alle linee che fissano le ore, sono indicati anche i tropici e l’equatore con i relativi segni zodiacali, i solstizi e gli equinozi per identificare le stagioni. La linea del mezzogiorno è indicata da una campana e ci tengo a spiegarne il motivo: è il 7 ottobre 1571, gli Stati cristiani coalizzati nella Lega Santa vincono la Battaglia di Lepanto contro l’Impero Ottomano; questa vittoria segnò la salvezza della Cristianità in Europa e il Papa, venuto a conoscenza del fatto proprio a mezzogiorno, per divulgare la notizia il più velocemente possibile, ordinò di suonare le campane a festa. Da quel giorno, tutti i giorni a mezzogiorno vengono suonate le campane. Mi piace anche ricordare una motivazione legata più alle tradizioni del nostro territorio, quando le massaie uscivano sull’aia per suonare la campana che richiamava gli uomini dai campi, per avvisarli che il pranzo era pronto.

La meridiana racchiude il desiderio di esternare la nostra passione per l’arte, di portare fuori in qualche modo quello che c’è dentro casa, ma tutte le sue simbologie richiamano anche la speranza di uscire presto dalla pandemia, perché il Covid ci ha colpito pesantemente e ci ha segnati profondamente. Emerge prepotente la voglia di ripartenza, di riscatto, la necessità di adattarsi e di resistere, l’auspicio di tempi migliori, un inno alla vita. Riassumendo, perché abbiamo fatto tutto questo? Perché siamo dei folli, e ne siamo orgogliosi.

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